L'Italia non è un Paese per lingue minoritarie, verrebbe da dire con la parafrasi di una citazione cinematografica, e anche in Europa gli idiomi non statali non se la passano tanto bene. La Sardegna non è da meno: di fronte al profluvio di autori che scrivono in italiano, di rassegne rigorosamente monolingui e di festival basati unicamente sulla lingua nazionale, coloro i quali affrontano le sfide editoriali proponendo la lingua sarda, o altre presenti nell'Isola, sono sempre meno e sempre più spaesati. E allora, visto che il pluringuismo-multiculturalismo è sempre tra i valori più declamati, è chiaro che qualcosa non ha girato nel verso giusto, che il sistema politico editoriale è malato di omologazione, oppure è malfunzionante. Da qui l'idea di un’Officina, di uno spazio, di un laboratorio, di un cantiere letterario che vada oltre la o le lingue nazionali e metta a confronto invece le esperienze delle lingue meno diffuse, in pericolo di estinzione, co ufficiali o anche non riconosciute.
Appuntamento all'Ex Convento di via Brigata Sassari n. 4 a Quartu Sant'Elena, per tutta la giornata di sabato 23 novembre, dopo la performance del siciliano Roberto Alajmo il giorno precedente. Si inizia a partire dalle 10.30. Obiettivo: capire, o semplicemente conoscersi, confrontarsi e ripartire per una crescita scrittoria comune.
Come la sfida di Gavino Balata, sardo algherese, che scrive in catalano un romanzo ucronico curiosissimo come ‘Soldats Abbandonats’, presentato dalla giornalista Maria Antonietta Piga. Ambientato nella primavera del 2001 quando Virgili, un giovane archeologo, scopre un segreto nascosto, racconta di Jaume e Carleto, che sono rinchiusi dal 1943 e credono che la guerra sia finita con la vittoria di Mussolini e Hitler. Chi li ha imprigionati? E perché?
A seguire un classico medioevale della lingua sarda: ‘Il libellus iudicum turritanorum', le cronache storiche duecentesche dei Giudici di Torres, scritte nella prosa che ha ispirato nei secoli a venire il modello letterario di sardo illustre. A stimolare le riflessioni dell’autrice della nuova edizione della cronaca, la filologa Patrizia Serra, la docente e animatrice culturale Lucia Cossu.
Al pomeriggio, a partire dalle ore 16.30, le stesse presentatrici Piga e Cossu, in collaborazione con Enrico Putzolu, presenteranno la scrittrice di fantascienza in lingua asturiana Blanca Fernandez e lo scrittore friulano Gianluca Franco.
Blanca Inez Fernandez Quintana, nata nel 1994 a Bimenes, è un astro nascente delle lingue minoritarie in Europa. Si occupa di letteratura fantascientifica, fantastica e horror e ha ricevuto molti premi tra cui in Italia il premio Ostana e in Sardegna il premio Ondras 2023. Si occupa anche di audiovisivi e diffusione delle lingue con i media. La sua opera ‘No que cinca lo seres’ è un romanzo di tema mitologico ispirato ad antiche leggende del Principato delle Asturie.
Gianluca Franco è un ricercatore dell’Università di Udine, classe 1969. Ha pubblicato diversi romanzi storici e fa parte della dirigenza della Società Filologica Friulana e dell’Arlef, l'agenzia per la promozione della lingua friulana. ‘Une storie sole’ è un romanzo ispirato ad alcuni personaggi di una poesia di Borges.
Al termine, tavola rotonda, coordinata da Giusy Fanti, con tutti i relatori e gli scrittori per tracciare le basi di un futuro prossimo per la collaborazione tra lingue minoritarie nel futuro dell’Europa.
BIOFRAFIE DEGLI AUTORI E SCHEDE DEI LIBRI
Blanca Inés Fernández Quintana è una scrittrice spagnola nata a Bimenes nel 1994. È stata la vincitrice del Premio Enriqueta González Rubín per la narrativa giovanile, del Premio Radagast di letteratura fantastica, fantascientifica e horror e del XV Premio María Josefa Canellada di letteratura per l’infanzia e la gioventù. Da allora ha ricevuto anche diversi premi per racconti che scrive da quando era piccola. Collabora regolarmente con la rivista letteraria Formientu, che pubblica testi in asturiano per minori di 35 anni. Nel 2023 è stata vincitrice del XV Premio Ostana Giovane alla carriera con l’asturiano, sia nella letteratura che nell’audiovisivo. Nello stesso anno ha ricevuto in Sardegna anche il Premio Ondras per il lavoro di promozione delle lingue minoritarie. Inoltre, collabora al Celsius 232 Festival Internazionale di fantasy, fantascienza e horror, nella sezione Cosplay e nella sezione El Celsius, che incoraggia la presentazione di opere scritte in asturiano nonché relative conferenze e tavole rotonde. Dal 2019 è insegnante di Lingua e Letteratura Asturiana nella scuola secondaria.
‘No que cinca los seres lleenda’ è il romanzo vincitore del 1° Premio ‘Enriqueta González Rubín’ di Narrativa Moza, indetto dal Ministero della Cultura del Principato delle Asturie nel 2021. Con un tema mitologico, questo fantastico romanzo ci racconta la trasmissione orale di leggende nella famiglia di Antón, Ánxel e Ale, eredi di quegli esseri che ancora sopravvivono tra gli umani con una benedizione o una maledizione a seconda di come viene interpretata. Presente e passato convergono a Entrialgo, il paese che appare nella popolare canzone asturiana ‘El Chalaner’, dalla quale è ispirato questo romanzo.
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Gianluca Franco è nato a Gorizia nel 1969 e da sempre vive a Capriva del Friuli. Nel 2001 ha conseguito presso l’Università di Udine il Dottorato di Ricerca in Informatica e da allora si occupa di ricerca nella stessa università. Ha pubblicato in lingua friulana con la Clape Culturâl Aquilee i romanzi storici ‘Re Ricard in Friûl’ (2012) e ‘Il buinç’ (2015), e con la Società Filologica Friulana la raccolta di racconti ‘Plaidarts’ (Premio San Simon 2016) e i romanzi ‘Silvie te Catedrâl di Taragone’ (Premio San Simon 2018), ‘See the Sky About to Rain’ / ‘Balade pai timps di ploie’ (Premio San Simon 2020) e ‘Une storie sole’ (Premio San Simon 2022). Dal primo romanzo ha tratto, assieme al compositore Fabio Rivolt, la cantata in re minore par voce e orchestra ‘Cussì sul scurî de dì di Tomuç’ che ha vinto il premio del pubblico al concorso ‘Premi Friûl 2013’. Dallo stesso spettacolo, in collaborazione con le associazioni Sunraulis e Globe Italia, ha tratto il format di divulgazione scientifica e culturale #laiselasience830. È inoltre autore dei testi degli spettacoli scenici ‘Plaidarts’ (tratto dall’omonima raccolta) e ‘Peteano 2022’ (ispirato dal romanzo ‘Silvie te catedrâl di Taragone’). Con la narrativa ha inoltre vinto i concorsi per racconti brevi ‘Vôs de basse’ e per racconti gialli ‘Zâl par furlan’. Alcune sue liriche sono apparse nell’antologia ‘Poesia alpina contemporanea’ (2023) che raccoglie autori dei tre ceppi idiomatici ladini: friulano, ladino e romancio. Si è cimentato con la traduzione in friulano di romanzi, drammi radiofonici, racconti e articoli: la sua traduzione de ‘Il Friuli perduto’ di Sergio Maldini gli è valso il Premio San Simon 2023. Attualmente è membro dell’Ufficio di Presidenza della Società Filologica Friulana e del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Arlef, l’Agenzia regionale per la lingua friulana del Friuli -Venezia Giulia; inoltre collabora con la Rai regionale nella produzione di contenuti in friulano.
‘Une storie sole’ mette in scena i personaggi di una poesia di Jorge Luis Borges, ‘I giusti’, ovvero quelle persone che, secondo il poeta, tutti ignorano ma che stanno salvando il mondo. Persone comuni, che realizzano la salvezza (ovvero la giustizia) attraverso gesti e atteggiamenti semplici: coltivare il giardino, giocare a scacchi, accarezzare un animale che dorme, preferire che abbiano ragione gli altri… Nel romanzo tutte queste persone vengono ad un certo punto toccate dal male, più o meno intensamente. Rimarranno fedeli al loro atteggiamento di pace? Al loro senso di giustizia? Saranno ancora in grado di salvare il mondo quando ad un certo punto vengono chiamate, tutte assieme, a sventare una reale minaccia che incombe sul mondo? Le loro storie, tutte funestate dalla violenza, alla fine non sono altro che manifestazioni di una stessa sostanza, declinazioni di una sola storia. E domandano un’unica, possibile, giustizia. Ma sono sufficienti i loro piccoli gesti? Roberto è un bambino molto dotato intellettualmente, e le sue straordinarie capacità, che si manifestano precocemente, portano presto i compagni di scuola a prenderlo di mira e a isolarlo. La sua solitudine è ulteriormente aggravata dall’atteggiamento dei genitori, distaccati a anaffettivi. Un giorno, dopo un’ennesima vessazione, decide di reagire e si consuma la tragedia: il bambino che lui spintona sfonda una vetrata e, precipitando nel vuoto, muore. Roberto si trasferisce con la famiglia in Svezia e dai qui, raggiunta la laurea, decide di completare i propri studi in biologia negli Stati Uniti, dove ha vinto una borsa di studio. In America continua a vivere una vita di solitudine, ma le sue capacità lo portano a sviluppare in laboratorio un virus estremamente letale, potente al punto da convincere i suoi superiori a chiudere il progetto e a distruggere il materiale creato. Ma Roberto non può accettare questa ulteriore umiliazione delle sue capacità, e decide di salvare un campione di virus dalla distruzione e di diffonderlo. E per farlo decide di ritornare all’origine, nella sua città natale in Friuli. Parallelamente alla storia di Roberto si sviluppa, con caratteristiche diametralmente opposte, quella di Lucio, un adolescente amante del calcio e tifoso del Liverpool (ma solo perché si emoziona nel cantarne l’inno, ‘You’ll never walk alone’). Lucio si ammala di una rarissima forma di cancro e l’unica speranza di guarigione sembra essere una costosissima operazione in una clinica di New York. Per sostenere le spese la madre deve accendere un mutuo ma la solidarietà non mancherà, come nel caso della professoressa d’inglese che si offre come interprete e che paga di nascosto il viaggio. Durante la lotta contro la malattia Lucio non sarà mai solo, proprio come il titolo dell’inno del Liverpool: e sarà proprio quell’inno che i compagni di classe canteranno a Lucio il giorno della partenza per New York e molte altre volte sotto la finestra della sua stanza d’ospedale nel corso della lunga degenza in Italia, quando la malattia, inesorabilmente, si ripresenterà.
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Gavino Balata, classe 1979, è laureato in economia, con un dottorato in temi di innovazione, e lavora come direttore dell’azienda tecnologica che ha contribuito a fondare. Nato nel centro storico di Alghero (l’Alguer Vella) da madre scozzese e padre algherese, come molti giovani della sua generazione ha ripreso a usare il catalano di Alghero a partire dai ventisei anni di età. È un attivista culturale e collabora con diverse associazioni per la rivalutazione dell'algherese. Nel 2023 ha costituito insieme a un gruppo di altri attivisti la prima Colla Castellera della città di Alghero, che attualmente presiede. La sua esperienza come autore di narrativa ha avuto inizio con due racconti brevi ‘Deu Cops’ e ‘Fukushima’ con i quali ha vinto la 38ª e la 40ª edizione del Premio di Poesia e Prosa ‘Rafael Sari’, organizzato dall’Obra Cultural de l’Alguer. ‘Soldats Abandonats’ è il suo primo romanzo. Lavora attualmente alla stesura della sua seconda opera, sempre in catalano di Alghero, e alla produzione dell’audiolibro di ‘Soldats Abandonats’.
Primavera del 2001. Virgili, un giovane archeologo, scopre un segreto nascosto nel sotterraneo del convento di Sant Miquel da quasi sessant'anni. Jaume e Carleto sono stati rinchiusi lì dal 1943 e credono che la guerra sia finita con la vittoria di Mussolini e Hitler. Chi li ha imprigionati? E perché? Un racconto che accompagna fedelmente il lettore tra le vie della Vecchia Alghero, i palazzi e le chiese della Barceloneta di Sardegna, in un viaggio che inizia durante la Seconda Guerra Mondiale e si conclude ai nostri giorni. ‘Soldats abandonats’ è la prima opera in algherese premiata e pubblicata in Catalogna e il primo romanzo in algherese normativo. Nel romanzo il tempo è uno degli agenti essenziali. I due protagonisti del racconto sono prigionieri per più di cinquant'anni. Potete immaginare come conta i minuti il loro orologio interno? Di pari passo con questo tempo angosciante e fermo, e giocando con questo genere alleato della fantascienza che è l'ucronia, Balata apre sentieri inaspettati dell'immaginazione e della storia attraverso i cosiddetti punti Jonbar. E se Mussolini e Hitler fossero usciti vittoriosi dalla Seconda Guerra Mondiale? Che impatto ha avuto questo sulla vita dei protagonisti? Perché sono rimasti prigionieri? Il libro è uscito in tempo per Sant Jordi 2023 ma l’autore non ha potuto presenziare al calendario di presentazioni previsto (Girona, Barcellona, Tarragona, Valls) a causa dell’improvvisa scomparsa del padre. Successivamente sono state realizzate presentazioni a Granollers (giugno), Terrassa (insieme allo scrittore Vicenç Villatoro e all’editore Rafael Català Dalmau) e Tarragona (ottobre 2024) oltre che ad Alghero (maggio 2024, con il musicista Claudio Gabriel Sanna).
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Patrizia Serra è professoressa ordinaria di Filologia e linguistica romanza presso la Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari. I suoi principali interessi di ricerca concernono la letteratura medioevale francese, con particolare attenzione al tardo romanzo cortese e al genere del viaggio allegorico. Ha pubblicato l’edizione critica del Guillaume d’Angleterre (2018) e numerosi articoli sui principali romanzi francesi del XIII secolo: Amadas et Ydoine, La Mule sans Frein, Le Chevalier à L’épée, Hunbaut.
L’autrice prende in esame la lingua utilizzata nel ‘Libellus Judicum Turritanorum’, cronaca medioevale redatta in sardo logudorese da un autore anonimo e risalente alla fine del XIII secolo, in cui si ricostruisce la genealogia dei giudici di Torres lungo un arco temporale di circa due secoli. Il testo della cronaca ci è pervenuto attraverso due testimonianze: una copia cartacea, probabilmente settecentesca, eseguita da un archivista piemontese ˗ certamente non derivata dall’originale, ma da un rimaneggiamento del secolo XVII ˗ e un estratto parziale, contenuto all’interno di un atto notarile redatto a Madrid nel 1580. L’esame linguistico-filologico delle due redazioni si rivela interessante e prezioso in quanto permette di osservare, sul filo della trasmissione di un medesimo testo, l’evoluzione della lingua sarda scritta in un arco temporale di tre-quattrocento anni. Sotto i diversi rimaneggiamenti d’epoca moderna traspare ampiamente il registro scrittorio e stilistico medievale sardo, che però si è voluto nel tempo adattare alla norma ed ai modi e gusti che via via mutavano.
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Aggiornamento:
22/11/2024, 12:23