Ultima sessione del convegno sul paesaggio: studiando l'evoluzione si pianifica il futuro

Negli spazi esterni della Biblioteca comunale di Quartu si è concluso oggi, con la seconda sessione il convegno ‘Paesaggio: percezione e realtà dei luoghi. Storia pubblica delle comunità’, promosso dal Comune di Quartu e organizzato dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini. Un incontro che ha visto alternarsi sul palco docenti ed esperti provenienti da diversi atenei italiani, un momento di approfondimento necessario in tempi in cui il paesaggio è ancor più del solito al centro dell’attenzione. Per non focalizzarsi sui sentimenti nostalgici ma capire come progettare il futuro tenendo conto della memoria storica dei luoghi.

Data:
22 giugno 2024

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Negli spazi esterni della Biblioteca comunale di Quartu si è concluso oggi, con la seconda sessione il convegno ‘Paesaggio: percezione e realtà dei luoghi. Storia pubblica delle comunità’, promosso dal Comune di Quartu e organizzato dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini. Un incontro che ha visto alternarsi sul palco docenti ed esperti provenienti da diversi atenei italiani, un momento di approfondimento necessario in tempi in cui il paesaggio è ancor più del solito al centro dell’attenzione. Per non focalizzarsi sui sentimenti nostalgici ma capire come progettare il futuro tenendo conto della memoria storica dei luoghi.

La seconda e ultima sessione, dal titolo “Ambiente e storia pubblica delle comunità” è stata coordinata da Emanuela Locci, docente dell’Università di Torino, ed è stata aperta dai saluti istituzionali del Presidente della Commissione Comunale all’Urbanistica Stefano Busonera.  “Ho apprezzato già ieri un confronto tra varie sensibilità, perché ognuno ha una sua percezione individuale di cosa sia il paesaggio. Vogliamo quindi ragionare insieme su cosa sia necessario fare oggi per tutelarlo e per trasformarlo in opportunità. Condivido quanto detto ieri della dottoressa Ornano nel passaggio nel quale citava altre regioni italiane, come ad esempio la Valle d’Aosta e l’Umbria, che hanno saputo utilizzare il paesaggio per rendere più competitiva la propria economia. Penso infatti che la Sardegna debba puntare con decisione sul comparto turistico, ed è quindi fondamentale pianificare il nostro paesaggio. Ma aprendo alla transizione, senza avere una visione troppo statica, che porta invece note dolenti come l’abusivismo. Dobbiamo capire questa esigenza e interpretarla adeguatamente”.

Poi spazio ai relatori. A partire da Manuel Vaquero Piñeiro dell’Università di Perugia, in un intervento condiviso con Francesca Giommi dell’Università Milano-Bicocca. “Il paesaggio è già un tema centrale e forse prossimamente lo diventerà ancor di più. Penso infatti che l’autonomia differenziata potrebbe avere ricadute anche sul paesaggio, e anche sotto questo punto di vista questa iniziativa quartese è indubbiamente molto importante”. Un tema che assume particolare interesse proprio all’interno dei confini nazionali: “A livello europeo il dibattito sul paesaggio è prettamente italiano, probabilmente perché qui si ragiona fortemente in termini soggettivi. E se il tema è caldo a livello nazionale, ancor di più lo è in ambito regionale, perché la Sardegna rappresenta un caso emblematico: tutti parlano di paesaggio”. Eppure, ha spiegato “Ci sono contraddizioni datate. La questione di fondo è che il paesaggio cambia continuamente, non esiste la possibilità di focalizzare il tempo. Persino Sereni si focalizzava sin troppo sull’agricoltura del contadino tradizionale nel momento in cui si sviluppava un’agricoltura più industriale. Bisogna scegliere - ha aggiunto - tra un paesaggio che non c’è più e la valorizzazione di quello di oggi. Mondi che devono dialogare, perché ogni pezzo di paesaggio è testimonianza di gruppi di pressione, di forze economiche, componenti di un mondo che si confronta in maniera conflittuale”. Con un altro problema di fondo: “L’agricoltura italiana rispetto ad altri Paesi, come Francia, Olanda, Germania, è quella più arretrata, è fatta di contadini poveri, che non vogliono più fare i contadini, e infatti spesso abbandonano la campagna per trasferirsi in città. Ecco perché possiamo dire che oggi il paesaggio si configura come una risorsa ma anche come motivo di sofferenza”.

A seguire ha preso la parola Stefano Mais, che si occupa di Storia dell’Architettura per l’Università di Cagliari, per presentare un progetto che evidenzia l’importanza dell’acqua nel corso della storia sarda. Il programma, sostenuto dalla Regione Sardegna, descrive infatti tutte le fontane, gli acquedotti, i serbatori dell’Isola. “Un lavoro sul paesaggio ma anche sulla storia pubblica, perché ci ha permesso di ragionare sulle comunità che lo vivono ogni giorno”. Una grande ricognizione alla scoperta dei paesaggi, con lavatoi e architetture nobilitate anche da grandi artisti come il Sartorio. “Abbiamo percorso tutta la Sardegna e come risultato accademico abbiamo anche pensato a una mostra itinerante, che è stata portata anche fuori dai confini isolani. Abbiamo anche raccontato il progetto in un sito internet, con la dislocazione su carta di tutte le strutture censite, in modo che qualunque cittadino, autonomamente, possa andare ad approfondire questo lavoro e magari ripercorrere gli itinerari che abbiamo costruito”. Un database che è diventato anche app, per una gestione più facile dallo smartphone, nell’ambito di un percorso divulgativo che ha portato anche alla produzione di un docufilm.

In scaletta a seguire spazio a Marco Cadinu, docente di Storia dell’Architettura e del Paesaggio, convinto della necessità di “mandare avanti questo genere di discussioni, di riproporle negli anni, perché stiamo parlando di un tema particolarmente caldo e difficile, che fluttua tra le sua stratificazioni storiche e l’uomo della strada che difende il suo paesaggio”. Poi ha portato il discorso sull’importanza del ‘progetto’: “Il paesaggio è pianificato, non lo porta la cicogna, c’è sempre un’azione progettuale che stratifica i paesaggi, nell’agro così come nei centri storici”. Per poi spiegare che “la costa di Cagliari mi ha spinto a ragionare sui rapporti tra i centri storici e il mare. Di fatto in Sardegna apprezziamo poco le relazioni con il mare, in pochi stanno lavorando bene su questo. Cosa che invece facevano le civiltà arcaiche, che costruivano in maniera tale che arrivando dal mare si potessero magnificare i luoghi. In virtù del fatto che nell’Isola il turismo più diffuso è quello marino, bisognerebbe indagarlo meglio, ovviamente fuori dai mesi estivi”. E ripartendo dai documenti d’archivio ha sottolineato anche quanto sia importante riprogettare il paesaggio di alcuni luoghi specifici di Quartu, come “i percorsi di Su Idanu, o la piazza IV Novembre, un luogo particolarmente significativo interessato già in passato da diversi progetti”. “Occorre quindi conoscere di più per capire meglio - ha concluso -, entrare dentro la memoria storica dei luoghi, per poi fermarsi a progettare”.

Stefano Pira, docente di Storia Moderna presso l’Università di Cagliari, ha relazionato sulle saline di Molentargius, “immenso deposito di fatica, come ebbe a definirlo Carlo Cattaneo, uomo dedito totalmente agli studi, per i quali addirittura scelse di abbandonare il Parlamento”. “Insieme ai Maestri delle saline, gli ingegneri idraulici di una volta, gli abitanti dei 12 villaggi componenti l’attuale area urbana furono coinvolti in un lavoro improbo andato avanti per mille anni - ha raccontato -, portando avanti un lavoro assai faticoso che tuttavia a volte fungeva anche da ammortizzatore sociale”. Un excursus sulla storia della produzione salina che è passato anche per il progetto “ambiziosissimo di adottare le stesse regole industriali francesi, con l’alimentazione delle saline tramite spaccature della spiaggia, anche presso la torre quartese di Carcangiolas, con l’acqua che veniva trasferita da una casella all’altra”. D’altronde si parla di una produzione “in passato importantissima, perché un tempo il sale, fondamentale per l’alimentazione in quanto conservante per eccellenza, aveva un ruolo economico paragonabile al petrolio nella contemporaneità”. E se a Cagliari per 500 anni nessuno poteva essere obbligato a lavorare nelle saline, Quartu talvolta veniva scelta anche perché trasferirsi permetteva di ripulirsi la fedina penale: “Oggi può assolutamente rivendicare la sua tradizione storica sulle saline” ha concluso il docente.

L’ultimo intervento del convegno ha visto sul palco Annalisa Colombu di Legambiente, che ha portato anche i saluti della nuova Presidente regionale Marta Battaglia e ringraziato “per l’occasione di confronto, di dialogo, di apertura e anche di formazione. Abbiamo condiviso uno spazio dove ognuno si è potuto esprimere anche se la pensava diversamente dagli altri”. E poi, entrando nello specifico: “Il paesaggio non è contemplazione, è frutto della dinamicità delle comunità, è stato costruito dall’interrelazione dei diritti dei singoli nel corso del tempo”. E ora c’è da chiedersi quale paesaggio vogliamo per le nuove e future generazioni: “Il paesaggio agrario è stato molto importante ma oggi è influenzato dal cambiamento climatico, che sta accelerando la sua corsa e deve essere attenzionato. Tutto il mondo scientifico, infatti, conferma che il problema è reale e quindi non possiamo trascurarlo. L’emergenza idrica ci ha ricordato che noi siamo una delle regioni più sensibili, con un aumento delle temperature doppio rispetto alla media del Mediterraneo che ci porta al limite della desertificazione. Lo stesso aumento del livello del mare porterà importanti conseguenze, con le piane dei golfi di Cagliari e Oristano a forte rischio. Urge pertanto un contributo per prevenire queste catastrofi. Dobbiamo necessariamente cambiare fonti energetiche, chiudere le centrali termoelettriche, e lasciare presto anche il metano, creando invece dei distretti verdi, perché ambiente e sviluppo sono un connubio inscindibile. Ecco perché per noi è fondamentale il Tyrrhenian Link, per consentire lo sviluppo di energie e fonti rinnovabili. Le comunità energetiche vanno benissimo ma abbiamo bisogno anche di altro: solare, fotovoltaico, punti di accumulo, idroelettrico e elettrochimico ma anche altre soluzioni in arrivo. Serve una pianificazione collettiva, non possiamo perdere tempo”.

In chiusura di convegno è intervenuto il Sindaco Graziano Milia: “In questi due giorni di lavori è emerso chiaramente il senso di questo convegno. In Sardegna abbiamo un enorme bisogno di discutere, non in modo preordinato e preorganizzato ma liberamente, su questi argomenti, perché riguardano il futuro nostro e delle nuove generazioni. Dobbiamo quindi essere capaci di gerarchizzare le priorità: la prima è indubbiamente combattere le emergenze climatiche, senza strumentalizzazioni e opportunismi. Si può magari discutere come farlo, con meccanismi di coinvolgimento delle comunità locali pensati ‘con grazia’, come diceva Pasolini. Il 75% dell’energia che produciamo deriva dai fossili, è questo il nostro problema; dobbiamo fare in modo di azzerare questa produzione, rapidamente, altrimenti di che paesaggio possiamo parlare? Occorre avere senso di responsabilità, cosa che purtroppo è mancata in passato, anche sul territorio quartese: penso ad esempio al caso limite di Marina delle Nereidi, lottizzazione costruita laddove prima c’era il mare. La Sardegna ha la necessità di svolgere un ruolo e deve farlo sfruttando le proprie potenzialità”.

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Aggiornamento:
22/06/2024, 17:47

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