Nella prima sessione del convegno sul paesaggio emerge la sua natura dinamica

Un focus sul tema del paesaggio, un meeting con tanti docenti e professionisti del settore per conoscere, approfondire, capire, per avere un quadro storico e giuridico dettagliato e ragionare su una natura dinamica. La prima sessione del convegno ‘Paesaggio: percezione e realtà dei luoghi. Storia pubblica delle comunità’ si è concentrata su strumenti, metodi e forme, e ha fatto registrare un ottimo successo di pubblico.

Data:
21 giugno 2024

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Un focus sul tema del paesaggio, un meeting con tanti docenti e professionisti del settore per conoscere, approfondire, capire, per avere un quadro storico e giuridico dettagliato e ragionare su una natura dinamica. La prima sessione del convegno ‘Paesaggio: percezione e realtà dei luoghi. Storia pubblica delle comunità’ si è concentrata su strumenti, metodi e forme, e ha fatto registrare un ottimo successo di pubblico.

Negli spazi esterni della Biblioteca comunale centrale di Quartu si è aperto oggi il Convegno promosso dal Comune di Quartu e organizzato dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini. Un importante momento di approfondimento grazie all’intervento di docenti di Torino, Napoli, Modena e Reggio Emilia, nonché di diversi esponenti di rilievo delle istituzioni sarde.

Paesaggio: strumenti, metodi, forme’ il sottotitolo della prima sessione, coordinata dal docente dell’Università di Cagliari Roberto Ibba. In apertura il Sindaco Graziano Milia ha espresso gratitudine verso gli organizzatori e i relatori e ha poi spiegato che “abbiamo voluto questo momento di discussione per provare a mettere un po’ d’ordine su un argomento che nelle ultime settimane è particolarmente attenzionato. Oggi il paesaggio quasi si confonde con la nostalgia. Di recente leggevo di alcuni documenti della chiesa di Tadasuni, nei quali il parroco descriveva il mutamento della comunità a seguito della costruzione dalla diga sul lago Omodeo, ponendo l’accento proprio sulla nostalgia piuttosto che sullo sviluppo del territorio. La nostalgia è sì un sentimento importante, ma non può impedirci di guardare al futuro, non possiamo impedire alle generazioni che verranno di lasciare un loro segno. Riguardo le energie rinnovabili la discussione è animata, eppure a volte si trascurano temi importanti. Viene ad esempio enfatizzata la realizzazione dell’Einstein Telescope, ma nessuno dice che è una ferrovia di 30 km, a 80 metri di profondità, per il quale verranno rimossi 5 milioni di metri cubi di pietra calcare, per il trasporto dei quali occorreranno 400 camion al giorno per 4 anni. Ecco perché è necessario che tutti esercitino una funzione responsabile, ecco perché occorre favorire la discussione. Noi oggi lo facciamo, affrontiamo e approfondiamo davvero l’argomento paesaggio”.

Il Capo di Gabinetto dell’Assessorato regionale agli Enti locali, alle Finanze e all'Urbanistica Pierpaolo Fois ha portato i saluti dell’Assessore Francesco Spanedda, che non ha potuto presenziare a causa di altri impegni istituzionali: “In questi giorni nelle commissioni e nei vari organismi si sta discutendo per individuare aree idonee per portare avanti la transizione energetica, perché anch’essa fa parte del paesaggio. Concordiamo tutti sulla necessità di produrre energie rinnovabili, ma vanno trovate le soluzioni. La Sardegna deve poter utilizzare anche altre fonti energetiche, quali l’idroelettrico o il moto ondoso. Sono tutte tecnologie che devono concorrere al fabbisogno; contemporaneamente è giusto anche fare attenzione al modo in cui il paesaggio è percepito dalle nostre popolazioni, perché il paesaggio è appunto l’insieme dell’ambiente e dell’azione dell’uomo” ha concluso, per poi ringraziare l’Amministrazione comunale per l’importante occasione di confronto.

Aldo Vanini, Assessore comunale all’Urbanistica, all’Edilizia Privata e alla Programmazione strategica ha spiegato che “questo convegno sul paesaggio si è reso necessario perché diventa sempre più importante approfondire in maniera scientifica temi che stanno diventando esclusivamente sentimentali. Il paesaggio è il valore forte di una comunità e non può essere immaginato come fotografia del presente, è la storia dei paesaggi che si sono succeduti, perché non è qualcosa di statico, è invece dinamico. Ci ricordano gli archeologi che il paesaggio come lo vediamo oggi è completamente diverso da come lo vedevano gli antichi nelle varie epoche. Se vogliamo avere un’idea precisa di questa evoluzione dobbiamo approfondire la storia del paesaggio. Inoltre, trattandosi di un valore della collettività dobbiamo consentirgli di continuare a essere un valore progettuale; ecco perché è molto importante l’aspetto della impostazione giuridica del paesaggio, fino a oggi visto sempre in termini di vincolo, creando una resistenza di parte della comunità”.

Il Procuratore Generale di Cagliari Luigi Patronaggio ha subito evidenziato come “in questo momento vi è una frizione fra coloro che ritengono la tutela del paesaggio un bene fondamentale e chi ritiene, in forza delle indicazioni che vengono dall’Europa e dalla recente svolta Green, che ci sia un altro bene fondamentale, che è quello dell’energia alternativa. Bisogna fare memoria, guardare alla storia, soprattutto quella di questo Paese, per porre l’attenzione sui valori in gioco senza trascurare quello che vogliamo dal progresso. È un po’ come la contrapposizione che esiste tra la tutela della salute e la tutela del lavoro: diciamo no all’ambiente insalubre ma dobbiamo anche tutelare i posti di lavoro”. E ancora: “Anche la Corte Costituzionale ha definito il paesaggio bene primario assoluto, non esposto alla mutevolezza degli indirizzi politici” ha sottolineato, per poi ricordare che “anche il diritto all’abitazione cede di fronte alla tutela del paesaggio. Spesso oggi ci troviamo di fronte a interessi confliggenti. Gli ultimi governi hanno provato a semplificare ma è proprio nella semplificazione che si può infilare ‘il Diavolo’”. Cosa dobbiamo fare quindi tra questi due interessi opposti? “Dobbiamo avere le idee chiare sulla localizzazione, bisogna fare rete, tra Regioni, Comuni, Sovrintendenze ai beni culturali, che giocano un ruolo fondamentale, Capitanerie di porto; bisogna aprire una discussione collettiva, per evitare le speculazioni e uno sviluppo disordinato e non armonico con le nostre tradizioni”.

A seguire è intervenuto il direttore dell’Archivio di Stato di Cagliari Enrico Trogu: “Le fonti sono fondamentali per la conoscenza, la tutela e la protezione del paesaggio. L’archivistica è una disciplina fondamentale per la materia di cui parliamo, perché concorre alla conservazione dei documenti, che a prescindere dalla data possono essere sempre utili per la tutela del territorio”. Entrando nello specifico ha poi aggiunto che “l’archeologia, compresa quella industriale, e l’architettura ci mettono di fronte a continui cortocircuiti: penso alla storia delle dighe, o all’idroelettrico, che raccontano l’uccisione dell’agricoltura. Tuttavia oggi non parliamo più di brutalità, perché si è consolidato un nuovo tipo di paesaggio”. E proprio per certificare questa continua evoluzione “si è investito negli ultimi anni nella digitalizzazione delle cartine: lo sviluppo di un sistema georeferenziato permette di ricostruire sulla lunga durata la storia del nostro territorio, perché nessuno potrà più obiettare che le cose non siano successe. È una base di partenza fondamentale, perché stanti i processi di rivalutazione culturale dobbiamo sempre tornare alle carte per vedere gli errori e per capire in che contesto agiamo, anche per garantire la reversibilità.

Gabriella Bonini, PhD dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha ricostruito la storia e le battaglie politiche di Emilio Sereni, che fu tra i protagonisti della liberazione di Milano e poi membro della Costituente, nonché Ministro in due Governi De Gasperi. Tra i suoi interessi principali l’agricoltura e il paesaggio agrario. Fu infatti promotore della riforma agraria e autore, ad appena un anno dalla fine della guerra, del famoso libro sulla storia del paesaggio agrario italiano. “La sua era un’impostazione metodologica: è la gente che fa il paesaggio, che è lo specchio delle nostre scelte politiche. Fu quindi il primo storico dell’agricoltura a non guardare alla struttura ma anche alla forma del paesaggio, che diventa una fonte storiografica se viene studiato come lotta dei contadini per conquistare dignità e diritti, e quindi concorre all’educazione civile dell’uomo”.

Carlo Tosco, del Politecnico di Torino ha avviato il suo intervento spiegando che “il paesaggio che noi guardiamo è la stratificazione; non ce ne accorgiamo ma ciò che noi guardiamo è la storia”. E infatti “è difficile trovare una definizione univoca: si può fare a livello giuridico ma più complicato a livello culturale, perché è polisemico, e dobbiamo capire le sue ricche varietà di significato”. Il docente ha poi spiegato le differenze tra “il territorio, che è una porzione di superficie terrestre, l’ambiente, che è un ecosistema, e il paesaggio, che è una forma del territorio o l’ambiente percepito. Più precisamente nell’ambiente non c’è la componente culturale, mentre il paesaggio è appunto un fatto culturale. Ricollegandoci all’attualità, noto come molti cittadini europei esprimano un sentimento forte contro le pale; non è questa la strada. Piuttosto bisognerebbe capire come inserire correttamente le pale nel paesaggio”. Poi un ultimo richiamo nostalgico, dedicato al Palladio, “l’architetto che ha avuto più influenza nel mondo radicandosi nel suo territorio: la villa palladiana vanta un rapporto diretto con l’ambiente, è un sistema ecologico sostenibile che ha prodotto un paesaggio splendido, raffigurato da artisti quali Veronese e Giorgione”.

Alessandra Panicco, anche lei attiva nel Politecnico di Torino, ha voluto porre l’accento su quanto sia “necessario ragionare su una nuova forma di paesaggio, che ci permetta di capire come la società umana si rapporta con l’ambiente su cui insiste”. D’altronde il paesaggio “può essere suddiviso in territorio naturale, seminaturale, artificiale a seconda di quanto incide l’antropizzazione. Per questo è fondamentale lo studio delle fonti, che sono l’indispensabile testimonianza del territorio, sia quelle oggettive che quelle soggettive, sebbene le prime garantiscano una maggiore attendibilità. Il paesaggio dell’oggi è infatti un contesto che riprende i paesaggi del passato. Lo studio del territorio diventa quindi fondamentale per comprendere il valore patrimoniale del paesaggio e impostare conseguentemente la pianificazione territoriale”.

I problemi causati al paesaggio dagli eccessivi carichi turistici sono stati analizzati da Annunziata Berrino dell’Università degli Studi di Napoli Federico II: “Una delle questioni più dibattute di recente in Italia è l’overtourism nei grandi centri urbani e anche in alcune stazioni minori. Chi fa ricerca sulla storia del turismo è chiamato a comprendere i motivi contingenti di questo affollamento, perché nasce l’esigenza di provare a governare quei flussi, cercando innanzitutto di capire se ci sono dei motivi storici che portano a concentrarsi in alcune aree piuttosto che in altre. Una delle cause recenti è sicuramente la nascita e lo sviluppo di internet, dove la domanda si stratifica sulle destinazioni, alimentando così la concentrazione dei flussi. Indubbiamente ci sono poi anche altre ragioni storiche, come il fatto che tantissimi territori non siano stati mai visti in tutta la loro potenzialità di sviluppo turistico. Sarebbe pertanto urgente l’avvio di una riflessione più attenta, che metta in primo piano la complessità del governo del turismo su spazi più ampi, sul territorio, che non interessa solo l’ambiente ma anche la popolazione residente. È davvero necessario, perché l’Italia con questo profilo di turismo non può reggere ancora a lungo” ha concluso.

Per l’ultimo intervento della prima sessione parola a Cristina Ornano del Tribunale di Cagliari, che ha approfondito il tema degli usi civici, “una risorsa strategica nella tutela ambientale”. È il risultato di un processo storico che parte da lontano: “I numeri in Sardegna parlano chiaro: è indubbiamente una delle regioni più ricche da questo punto di vista. L’ammontare delle terre soggette a uso civico è pari a 330mila ettari già accertati, ovvero il 12.6% del territorio sardo. Gli usi civici, termine coniato nel 1927 dalla legge fondamentale di questa materia - ha spiegato -, sono una serie di forme di godimento collettivo della terra diffuse su tutto il territorio nazionale, ma ciascuna con la sua specificità. L’età moderna ha ereditato questo fenomeno particolare, una straordinaria forma di resilienza, diritti inalienabili che non vengono meno anche quando non vengono usati, in un regime particolarissimo di tutela. C’è quindi un rapporto molto profondo tra agricoltura e paesaggio. E proprio tenendo conto di questo negli anni Ottanta è nato il diritto ambientale: con la Legge Galasso il legislatore ha garantito la protezione di questi beni trasformandoli in beni paesaggistici. All’antica funzione di tutela di un diritto proprietario collettivo se ne è affiancata un’altra, per assolvere la funzione di proteggere l’ambiente, in quanto diventati componente del paesaggio”. Poi per chiudere un’osservazione: “Abbiamo un patrimonio fondiario enorme, occorre che questo tema per tanto tempo trascurato venga rimesso al centro dell’attenzione, perché le terre civiche sono un patrimonio ma non devono diventare un limite allo sviluppo. Bisogna trovare forme di valorizzazione; d’altronde abbiamo già evidenze di turismo integrato: in regioni come la Valle d’Aosta e il Trentino una delle ragioni di successo è stato proprio saper utilizzare il patrimonio fondiario collettivo”.

Domani, sabato 22, alle 10 avrà inizio la seconda sessione, dal titolo “Ambiente e storia pubblica delle comunità”. Il coordinamento è affidato a Emanuela Locci, dell’Università di Torino, e prevede le relazioni di Manuel Vaquero Piñeiro dell’Università di Perugia e Francesca Giommi dell’Università Milano-Bicocca, di Stefano Mais, Marco Cadinu e Stefano Pira dell’Università di Cagliari, di Annalisa Colombu di Legambiente.

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Aggiornamento:
21/06/2024, 23:45

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